OTTOBRE 2006
Antico Testamento
e la visione di una vita che continua
Nell’
Antico Testamento non è espressa con chiarezza, una dottrina
sull’immortalità dell’anima. Ciò sarà
chiaro nel Nuovo Testamento grazie al compimento della Rivelazione apportataci
da Cristo Gesù. Pur tuttavia, Dio, con una pedagogia “tutta
divina” progressivamente ha dato degli “input” che
si sono concretizzati in una prima elementare dottrina, soprattutto
negli ultimi libri dell’Antico Testamento.
Tra i tanti versetti, che fanno al caso nostro, ho scelto alcuni che
considero di grande importanza.
“Allora il Signore Dio modellò l'uomo con
la polvere del terreno e soffiò nelle sue narici un alito di
vita; così l'uomo divenne un essere vivente”
(Gn 2,7).
L'immagine è molto popolare anche in tutto l'Oriente e rappresenta
Dio mentre sta plasmando come un vasaio la sua creazione più
artistica (Rm 9,20-23). Il soffio alitato nell'uomo è un altro
simbolo per rappresentare l'intervento specifico di Dio che costituisce
l'uomo nella sua realtà vivente propria. Di per sé qui
non si parla dell'anima, come supporrà poi la tradizione soprattutto
cristiana, ma del legame che unisce la vita umana all'azione creatrice
di Dio.
Secondo l’esegeta Salvatore Garofano, qui si vuol dire che Jahvé
pose (soffiò) in quel corpo ciò che lo fece diventare
vivo. Noi sappiamo che quanto fa vivo l’uomo è l’anima.
Che l’autore voglia qui insegnare la presenza nell’uomo
di due elementi risulta dal confronto col v. 19, dove gli animali sono
modellati dal suolo, ma non si parla a loro riguardo di un alito soffiato
direttamente da Jahvé. 4
“Dio creò gli uomini secondo la sua immagine;
a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò”
(Gn 1,27). Il testo cerca di precisare ulteriormente l'aspetto entro
cui si svela la somiglianza tra Dio e l'uomo. La fecondità e
la dualità matrimoniale sono un simbolo luminoso del Dio creatore.
“Quanto a te, te ne andrai in pace presso i tuoi
padri; sarai sepolto dopo una felice vecchiaia” (Gn
15,15).
“Poi Abramo spirò e morì dopo una felice
vecchiaia, vecchio e sazio di giorni e fu riunito ai suoi antenati.
Lo seppellirono i suoi figli Isacco e Ismaele nella caverna di Macpela,
nel campo di Efron figlio di Socar, l'hittita, di fronte a Mamre”
(Gn 25,8-9).
Queste espressioni non indicano semplicemente la morte, ma due aspetti
distinti. Per lo scrittore sacro una cosa è morire e un’altra
riunirsi ai propri antenati. Neanche significa che il defunto era seppellito
nella tomba di famiglia, Abramo infatti morì e fu sepolto in
Palestina nella grotta di Macpela (vedi sopra), e lì rimase il
suo corpo. I suoi antenati erano stati sepolti assai lontano, in Mesopotamia,
la terra tra i fiumi, che corrisponde all’odierno Irak e dista
dalla Palestina centinaia di chilometri. La riunione agli antenati non
avveniva, quindi, secondo l’autore sacro, nella tomba. Dove dunque
avveniva? Il libro di Giobbe ci offre un’interessante informazione
al riguardo.“So bene che mi conduci alla morte, alla
casa dove convengono tutti i viventi” (Gb 30,23).
Questo luogo non è la tomba ma una regione o stato ultraterreno
chiamato Sceol o Ade. Dove le creature umane, i Refaim (cf. Gb 25,6),
che vuol dire antenati o trapassati continuavano a vivere come ombre
della loro vita di prima sulla terra.
“Tutto ciò che fai, fallo finché hai
forza, perché non c'è né azione né pensiero,
né scienza né sapienza, negli inferi dove tu stai andando”
(Qo 9,10; cfr. 2,24-25). E' il passo che, con 11,7-11, sviluppa più
dettagliatamente questo pensiero e manifesta tutto l'amore alla vita
del disincantato Qohèlet, testimone di un'attesa àncora
oscura e di un'aspirazione alla pienezza della vita cui la rivelazione
verrà incontro più tardi.
Lo Sceol non era inteso come un ritorno nel nulla o come una perdita
completa dell’energia vitale. Alcune volte i Refaim sono presentati
in forte agitazione come quando accolgono con amaro sarcasmo il potente
re di Babilonia, che arriva, anche lui, in mezzo a loro impotente, spoglio
della grandezza terrena.
“Nel giorno in cui il Signore ti avrà liberato
dalla tua pena, dalla tua irrequietezza e dalla dura servitù
con la quale sei stato asservito, tu proferirai questa satira contro
il re di Babilonia e dirai: «Come è finito l'oppressore,
è cessata l'arroganza! Il Signore ha spezzato la verga degli
iniqui, lo scettro dei dominatori,
colui che furioso colpiva i popoli con colpi senza fine, che collerico
dominava le nazioni, perseguitando senza respiro. Tutta la terra si
riposa, è tranquilla, erompe in grida di gioia. Anche i cipressi
gioiscono per te e i cedri del Libano: "Da quando giaci prostrato,
i tagliaboschi non salgono più contro di noi". Dal basso
gli inferi si agitano per te, per farsi incontro al tuo arrivo; per
te esso risveglia le ombre, tutti i potenti della terra; ha fatto sorgere
dai loro troni tutti i re delle nazioni” (Is 14,3-9;
cfr. Ez 32, 17-32). A conferma di quanto detto fin’ora sta il
fatto che gli israeliti pensavano che i morti potessero comunicare con
i vivi. La legge mosaica proibiva non solo di consultare gli spiriti
cattivi ma anche di evocare i morti. “Non si troverà
presso di te chi faccia passare il proprio figlio o la propria figlia
per il fuoco, chi pratichi la divinazione, il sortilegio, l'augurio,
la magia, chi pratichi incantesimi, chi consulti gli spettri o l'indovino,
chi interroghi i morti” (Dt18,10-11).Caso tipico
è quello che riguarda il morto Samuele che viene interrogato
da Saul, per mezzo di una negromante, perché impaurito dalle
forze avverse dei Filistei. La risposta di Samuele non è confortante
per Saul “In quei giorni i Filistei radunarono le
loro truppe per combattere contro Israele. Allora Achis disse a Davide:
«Sappi bene che dovrai uscire in campo con me, tu e gli uomini
tuoi».Davide rispose ad Achis: «Benissimo, tu vedrai quello
che farà il tuo servo!». Achis soggiunse: «D'accordo,
ti costituirò per sempre mia guardia del corpo».Samuele
era morto e tutto Israele aveva fatto lutto e lo avevano seppellito
a Rama, sua città. Saul aveva fatto scomparire dal paese i negromanti
e gl’indovini. Quando i Filistei si furono radunati, andarono
e si accamparono a Sunàm; anche Saul radunò tutto Israele
e si accampò sul Gelboe. Saul, al vedere l'accampamento dei Filistei,
ebbe paura e il suo cuore tremò forte.
Allora Saul consultò il Signore, ma il Signore non gli dette
risposta né con sogni né con gli Urim né per mezzo
di profeti. Allora Saul disse ai suoi servi: «Cercatemi una donna
che possieda il potere evocatore, perché voglio andare da essa
per consultarla». I suoi servi risposero: «Ecco, una donna
che possiede il potere di evocare sta a Endor». Saul si travestì
indossando altri abiti e partì con due altri uomini. Giunsero
dalla donna di notte. Egli disse: «Su, praticami la divinazione
per mezzo di negromanzie evocandomi colui che io ti dirò».Gli
rispose la donna: «Ecco, tu sai quello che ha compiuto Saul, che
ha fatto scomparire i negromanti e gli indovini dal paese. Perché
tendi insidie alla mia vita per farmi morire?».
Allora Saul le giurò per il Signore: «Per la vita del Signore,
non subirai alcun castigo per questo fatto!». La donna domandò:
«Chi devo evocarti?». Rispose: «Evocami Samuele!».Quando
la donna vide Samuele, gridò a gran voce e disse:<<tu sei
Saul, perché mi hai ingannata?>>
Le rispose il re: «Non devi aver paura! Su, che cosa vedi?».
La donna rispose a Saul: «Vedo salire divinità dalla terra!».Le
domandò: «Qual è il suo aspetto?». Ella rispose:
«Un uomo vecchio sale avvolto in un manto». Saul capì
che quello era Samuele, cadde con la faccia a terra e si prostrò.
Samuele domandò a Saul: «Perché mi hai molestato
evocandomi?». Rispose Saul: «Mi trovo in una grande angustia:
i Filistei mi fanno guerra e Dio si è allontanato da me, non
mi risponde più né per mezzo dei profeti né per
mezzo dei sogni; allora ho voluto chiamarti perché mi indichi
cosa devo fare». Samuele rispose: «Ma perché consulti
me, se il Signore si è allontanato da te ed è diventato
tuo avversario? Il Signore ha fatto come aveva detto per mezzo mio:
ha strappato il regno dalla tua mano e l'ha dato a un altro, a Davide.
Poiché non hai dato ascolto alla voce del Signore e non hai dato
corso all'ardore del suo sdegno contro Amalek, per questo il Signore
oggi ti tratta in questo modo.
Il Signore darà in potere dei Filistei anche Israele insieme
con te. Domani tu e i tuoi figli sarete con me. Il Signore consegnerà
nelle mani dei Filistei anche l'accampamento d'Israele”(1Sam
28,1-19). Saul e i suoi figli furono uccisi dai Filistei (cf. 1Sam 31,2);
non finì la loro esistenza ma andarono nella casa dove si riunisce
ogni vivente (cf. Giobbe 30,23) 5.
Il
Nuovo Testamento toglie il velo.
Paolo dice che Davide andò in corruzione e si riunì ai
suoi padri, ora chi si corrompe non può riunirsi ai suoi cari
già deceduti, a meno che Paolo non avesse in mente un luogo,
l’Ade, dove avveniva la riunione che non aveva niente a che fare
con la tomba (come ho spiegato) “Davide infatti, dopo aver adempiuto
nella sua generazione la volontà di Dio, si addormentò,
fu sepolto con i suoi padri e vide la corruzione” (At 13,36).
In una disputa coi sadducei che negavano la risurrezione dei morti,
rispondendo Gesù disse più di quanto gli era stato chiesto.
Egli afferma due verità con grande chiarezza: La prima riguarda
la futura risurrezione alla fine del mondo. Contro i sadducei che la
negavano Gesù dichiara che i morti risorgeranno ( cf. Mt 25,31-46;
Gv 5,28-29). La seconda è un’esplicita affermazione della
sopravvivenza dell’uomo tra la morte e la risurrezione, infatti
i tre patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe, secoli dopo la morte sono
realtà viventi. “Gesù rispose: «Siete in errore,
poiché non conoscete le Scritture né la potenza di Dio.
Infatti nella risurrezione non si prende né moglie né
marito, ma si è come angeli di Dio in cielo. Quanto poi alla
risurrezione dei morti, non avete letto ciò che a voi disse Dio:
Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe? Dio
non è un Dio di morti, ma di viventi» (Mt
22,29-32).
La Trasfigurazione di Gesù è un evento straordinario raccontato
dai tre sinottici e da Pietro (Mt17,1-9; Mc 9,2-8; Lc 9,28-36; 2Pt 1,16).Gesù
fa apparire a Pietro, Giacomo e Giovanni, due grandi personaggi dell’antichità:
Mosè (vissuto circa 1300 anni prima di Gesù) ed Elia (vissuto
nel nono secolo aC.). Essi parlano con Gesù e i tre apostoli
li vedono e li ascoltano. Si è trattato di un sogno? Anche se
prima è detto che i tre apostoli erano oppressi dal sonno, Luca
dice espressamente che erano svegli quando videro la sua gloria, cioè
Gesù trasfigurato e i due uomini con lui. Inoltre, se fosse stato
un sogno non avrebbe senso la raccomandazione fatta loro da Gesù,
di non dire a nessuno ciò che avevano visto. “Circa
otto giorni dopo questi discorsi, prese con sé Pietro, Giovanni
e Giacomo e salì sul monte per pregare. Mentre pregava, il suo
volto cambiò di aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante.
Ed ecco due uomini venire a parlare con lui: erano Mosè ed Elia,
apparsi nella loro gloria, e parlavano del suo esodo che stava per compiersi
a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno, ma restarono svegli
e videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui. Mentre questi
si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è
bello per noi stare qui. Faremo tre tende, una per te, una per Mosè
e una per Elia». Ma non sapeva quello che diceva. E mentre diceva
queste cose, venne una nube e li coprì. Ebbero paura, quando
entrarono nella nube. Allora dalla nube uscì una voce che diceva:
«Questi è il mio Figlio, l'eletto, ascoltatelo!».(Lc
9,28-36)
Nelle bestie c’è un’anima naturale, infatti li chiamiamo
anche anima-li. Gli autori sacri sono pienamente consapevoli di ciò,
infatti in nessuna parte della Bibbia è detto che dopo la morte
le bestie sono giudicate. Delle creature umane questo è detto
chiaramente: “E’ stabilito che gli uomini muoiano
una sola volta, dopo di che viene il giudizio” (Eb
9,27).
Nella parabola del ricco egoista e di Lazzaro il povero, Gesù
ha puntualizzato chiaramente ciò che attende l’uomo subito
dopo la morte. “C'era un uomo ricco, che portava
vesti di porpora e di bisso e faceva festa ogni giorno con grandi banchetti.
Un povero, di nome Lazzaro, sedeva alla sua porta a mendicare, tutto
coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con gli avanzi che cadevano dalla
mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un
giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo.
Poi morì anche il ricco e fu sepolto.
Finito negli inferi tra i tormenti, alzando lo sguardo verso l'alto,
vide da lontano Abramo e Lazzaro che era con lui. Allora gridò:
"Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere
nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro
terribilmente in questa fiamma". Ma Abramo rispose: "Figlio,
ricordati che hai ricevuto la tua parte di beni durante la tua vita,
e Lazzaro parimenti le sofferenze. Ma adesso lui è consolato,
tu invece sei tormentato” (Lc 16,19-25). La parabola
è un racconto immaginario e simbolico, ma il suo simbolismo serve
ad inculcare verità reali in forma semplice e chiara. Nel capitolo
16 del vangelo di Luca, dov’è inserita questa parabola,
sono riportati vari insegnamenti di Gesù, tra cui quello dell’uso
retto dei beni terreni. In riferimento a questi Gesù insegna
due verità: 1) Che una ricompensa grande ed eterna sarà
data subito dopo la morte a coloro, che a causa dell’ingiustizia
altrui, hanno sofferto la povertà accettandola per amore di Dio;
2) che una pena eterna nell’Ade o inferno attende subito dopo
la morte, coloro che in questa vita hanno chiuso egoisticamente il loro
cuore alla giustizia sociale e all’amore al prossimo.
Oltre che con la parabola Gesù insegnò chiaramente la
dottrina dell’immortalità dell’anima con parole ed
espressioni appropriate che non lasciano alcun dubbio. Mi limito a riportare
i commenti esegetici di due testi biblici, uno di Matteo e l’altro
di Luca. “Non vi spaventate inoltre per quelli che
possono uccidere il corpo, ma non possono uccidere l'anima. Temete piuttosto
Colui che ha il potere di far perire nella Geenna e l'anima e il corpo”
(Mt 10,28).
“A voi, amici miei, dico: non temete coloro che possono
togliervi la vita, ma non possono fare niente di più. Vi dirò
invece chi dovete temere: temete colui che, dopo la morte, vi può
gettare nella Geenna. Sì, ve lo ripeto, è costui che dovete
temere” (Lc 12,4-5).
Matteo distingue corpo e anima, cioè la vita del corpo da quella
dell’anima. Quest’ultima sfugge alla morte del corpo. E
quando il corpo sarà risuscitato l’anima potrà subire
insieme al corpo la rovina eterna, cioè essere privata della
felicità eterna. Il verbo uccidere (dal gr. Apo-kteinai) significa
togliere la vita così come appare ai nostri sensi. Gesù
dice che gli uomini possono uccidere il corpo ma non possono nulla contro
il principio invisibile della vita del corpo. Dunque dopo la morte del
corpo l’anima sopravvive. Dicendo poi che cosa può fare
Dio, Gesù afferma che Dio può far perire (dal gr. Apòllumi)
l’anima e il corpo nella Genna. Fare perire, però, non
equivale a distruggere ma a privare qualcuno di qualcosa. Di un uomo
che perde tutti i suoi averi, a causa di usurai, si può dire
che l’hanno fatto perire, cioè che l’hanno spogliato
di tutti i suoi averi, ma non della sua esistenza.
Luca dice “gettare” invece di “far perire”.
Il verbo gettare (dal gr. Embalein) significa collocare, porre. In questo
caso è chiaro che, dopo l’uccisione del corpo, Dio può
collocare nella Geenna qualcuno o qualcosa che può sopravvivere
alla morte del corpo.
Un altro insegnamento chiaro sull’argomento ci viene da Luca,
che ci riporta le parole che Gesù rivolse al buon ladrone: “Ma
l'altro lo rimproverava: “Non hai proprio nessun timore di Dio,
tu che stai subendo la stessa condanna? Noi giustamente, perché
riceviamo la giusta pena per le nostre azioni, lui invece non ha fatto
nulla di male”. Poi aggiunse: “Gesù, ricordati di
me, quando andrai nel tuo regno”. Gesù gli rispose: “In
verità ti dico: oggi, sarai con me in paradiso”(Lc
23,40-43). 6
Con questa chiara risposta, Gesù assicura il buon ladrone che
la sua preghiera era esaudita: in quello stesso giorno, subito dopo
la morte il buon ladrone sarebbe stato insieme con lui in un nuovo stato
di vita chiamato paradiso.
Cito altri passi biblici; non mi soffermo, però, a riportare
i commenti, perché abbastanza chiari sull’argomento: “Poiché
anche Cristo morì una volta per i peccati, egli che era giusto,
a favore di non giusti, affinché, messo a morte nella carne,
ma vivificato nello Spirito, vi potesse condurre a Dio. In esso andò
a portare l'annuncio anche agli spiriti nella prigione”
(1Pt 3,18-19).
“Per me infatti vivere è Cristo e il morire
un guadagno. Perché, se continuare a vivere nella carne mi frutta
lavoro, non so cosa scegliere. Sono preso da due sentimenti: desidero
andarmene ed essere col Cristo, e sarebbe preferibile; ma continuare
a vivere nella carne è più necessario per il vostro bene”
(Fil 1,21-24).
“All'apertura del quinto sigillo, sotto l'altare
apparvero le anime di coloro che sono stati uccisi a causa della parola
di Dio e della testimonianza da loro data.
Ma a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu detto loro di pazientare
ancora un poco, finché non si completi il numero dei loro compagni
e fratelli che dovranno essere uccisi come loro”
(Ap 6,9.11). 7
4
La Sacra Bibbia a cura di Salvatore Garofano, vol. I, commento a Gn2,7
5 Jion McKenzie, Dizionario biblico, Cittadella, Assisi 1973, voci in
esame
6 Fedele Pasquero, Mi ha amato e si è sacrificato per me, ed.
San Paolo, Torino 1997, pp.142-143
7 G. Kittel, Grande Lessico del NT, Paidea, Brescia, vedi voci in esame